Per noi sono vere e importanti testimonianze per
dare speranza a chi si trova nella stessa situazione, ma non ci assumiamo la
responsabilità di quanto da altri affermato)
Testimonianze di guarigioni è la sezione del sito che raccoglie
testimonianze di coloro che sono guariti da lievi o gravi malattie. In questo
caso vengono raccolte alcune testimonianze di guarigione dal cancro.
Le testimonianze di guarigione riguardano le più svariate terapie e le più
diverse cure che sono risultate efficaci nei confronti di diverse malattie.
Saranno le stesse persone guarite, o chi per loro, a raccontare la loro
esperienza di guarigione: non interessa quindi, se si è raggiunta la
guarigione grazie alla medicina "ufficiale" o grazie alla medicina
"alternativa" ma piuttosto la testimonianza concreta di quali sostanze
naturali, medicine, letture, preghiere, meditazione, e terapie varie in
genere, abbiano portato alla guarigione da una malattia, anche grave, o
abbiano risolto fastidi e problemi anche di lieve entità.
Testimonianze di guarigione: ( condividete con noi la vostra testimonianza di guarigione: email )
Riporto in ordine sparso testimonianze di guarigione dal cancro raccolte in
rete o inviateci da visitatori.
Vorrei che fossero un modo per dare speranza a chi si appresta a lottare
per guarire dal cancro e da altre forme di gravi malattie.
Vorrei anche ribadire il mio pensiero a riguardo: per poter guarire è
necessario crederci fortemente.
La miglior medicina per il nostro corpo la troviamo dentro di noi. E' la
nostra anima e la nostra mente il nostro migliore medico, non fosse
altro perchè ci conosce meglio di chiunque altra persona. Ma questa parte la
inserirò in una apposita sezione del sito.
GUARIGIONE DAL CANCRO AL SISTEMA IMMUNITARIO (
linfoma non-Hodgkin )
E' notizia fresca questa di una guarigione che sa di miracolo ma questa
volta segue a una terapia sperimentale.
Addirittura il paziente, al quale erano state ormai date poche
settimane di vita, aveva più di 70 tumori in tutto il corpo.
Sapendo che ormai la sua vita sarebbe finita di lì a poco Ian Books,
47 anni, di Manchester, ha acconsentito a fare da cavia per un farmaco
sperimentale già usato in America.
Due settimane più tardi, i medici che lo hanno in cura presso l’ospedale
Christie di Manchester sono rimasti stupiti quando hanno
confrontato le scansioni del corpo dell’uomo e hanno scoperto che erano
chiare dove prima c’erano i tumori. Il signor Brooks, un meccanico, è stata
la prima persona al di fuori fuori degli Stati Uniti a provare il
farmaco chiamato Brentiximab Vedotin.
Il farmaco è ciò che è noto come un tipo di anticorpo monoclonale, ricerca
le proteine specifiche sulla parte esterna delle cellule tumorali e poi le
distrugge dall’interno. Si è rivelato essere un tale successo che ora è
disponibile per i pazienti del Servizio Sanitario Nazionale Britannico
(National Health Service, NHS) attraverso il Fondo farmaci contro il cancro.
Ogni anno sono circa 1.500 i casi di linfoma non-Hodgkin in
Gran Bretagna , ma il signor Brooks era affetto da una forma ancora più rara
della malattia chiamata linfoma a grandi cellule anaplastico. Gli era stato
diagnosticato nel 2001 e inizialmente aveva risposto bene al trattamento, ma
aveva avuto conseguenze devastanti quando il cancro era tornato nel 2008.
Aveva poi subito un trapianto di cellule staminali, ma il cancro era tornato
e si era diffuso in tutto il corpo, lasciandogli solo poche settimane di
vita. Un lungo calvario prima di arrivare al verdetto finale.
Invece la sperimentazione questa volta sembra aver fatto centro, eliminando
in solo 2 settimane ben 70 tumori "mortali".
Può essere un segnale e un motivo di speranza per tutte le persone ammalate
di cancro.
Non disperate! Fino alla fine siate fiduciosi e in un modo o nell' altro
le cose si risolveranno.
La malattia è un segnale del nostro corpo che qualcosa in noi non va. Può
trattarsi di un inghippo fisico o di qualcosa di più nascosto, a livello
psicologico. La vostra malattia vi stà dicendo che dovete cambiare
stile di vita e modo di pensare.
Siate positivi e la vita ritornerà in voi. (
continuate a leggere l' Articolo completo )
GUARIGIONE DAL CANCRO CON METRODO DI BELLA
Modena, 4 ottobre 2012 - «SIAMO tantissimi, ma sia chiaro, non siamo guariti.
Perchè il cancro te la cambia la vita. E te la cambia per sempre». Comincia così
la chiacchierata con Roberta Tagliani,
modenese di 43 anni e da 20 reggiana di ‘adozione’. Davanti a un caffé e a una
lettera che ha deciso di scrivere proprio in questi giorni per farla arrivare il
più lontano possibile. «Voglio che si sappia che esistono persone come me.
Voglio che si sappia che siamo in tanti e che pur non essendo all’ultimo stadio
della malattia, abbiamo avuto il coraggio di scegliere una cura diversa rispetto
alla chemioterapia. Cura che ci ha dato dei risultati positivi e in poco tempo,
facendoci vivere una qualità di vita nettamente superiore rispetto a quella che
di chi invece affronta la malattia seguendo i protocolli tradizionali». Stiamo
parlando del Metodo Di Bella, o Multitrattamento Di Bella (Mdb
in sigla) che dir si voglia. Una delle più intricate, controverse e dibattute
vicende mediche che l’Italia abbia mai vissuto. Bocciata dal Ministero della
Salute e dal Consiglio superiore della Sanità, eppure, a ormai 14 anni da una
polemica che ha diviso il Paese, scelta ancora da malati di tumore nel fatidico
giorno in cui si trovano a dover dire sì o no a un’operazione e/o alla
chemioterapia nel corridoio di un ospedale. Come successo, anzi come fatto, da
Roberta lo scorso maggio a due mesi di distanza dalla diagnosi di un
cancro trifocale maligno che, dopo
79 giorni di cura alternativa, non esiste più. A dirlo sono gli esiti dell’esame
Pet eseguiti da un radiologo che temeva di non chiudere occhio le notti seguenti
una volta sentita la storia di Roberta e prima di dare il via all’esame
diagnostico. «Ma invece...», ripete Roberta sventolando il referto datato
luglio, «invece alla fine è uscito e mi ha chiesto dove mi avevano diagnosticato
il tumore, perché di tumori nel mio corpo non c’erano tracce. Gli ho risposto
che quella notte non avrebbe dormito, ma solo perché avrebbe avuto tante cose a
cui pensare». Roberta non è una ‘dibelliana’, ha una buona dose di scetticismo e
non vuole fare battaglie politiche. Ma mentre sventola il foglio sembra ripetere
quel famoso ‘Eppur si muove’ che al contempo è un grande punto di domanda.
IL TUMORE si materializza nella vita di Roberta Tagliani lo scorso 24 marzo.
Scritto nero su bianco: cancro trifocale duttale infiltrante di secondo grado al
seno sinistro. Con un alto tasso di proliferazione. Questo recita la diagnosi.
«È indescrivibile quello che si prova. Non vedevo più niente — ricorda Roberta
—. Mi hanno detto che mi sarei dovuta operare subito. Ho immediatamente pensato
ai miei figli di 5 e 6 anni. Avrei detto loro che mi ero tagliata i capelli.
Stavo già pensando dove comprare una parrucca». Il primo contatto con la vicenda
del professore modenese avviene quasi per caso, pochi giorni dopo. Un’amica le
lascia un articolo di giornale. Racconta del metodo di cura Di Bella. Ripercorre
le polemiche. Le accuse. I sospetti. Le critiche. Roberta si interessa e si
informa divorando pagine web. «Da lì mi sono messa a studiare e ora posso dire
ad alta voce che per fortuna Internet esiste. Ero, e forse lo sono ancora,
scettica. Perché in ogni caso è una cura incredibilmente pesante».
L’ONCOLOGO e il chirurgo ‘tradizionali’ che la visitano mettono subito in chiaro
il percorso che la attende: sei cicli di chemioterapia, per testare i farmaci e
trovare quelli più adatti a sconfiggere i tre tumori. Poi un intervento di
svuotamento ascellare e una mastectomia. «L’oncologo mi dice di sottopormi
immediatamente alla chemio, il chirurgo di aspettare e operarmi, prima». La
decisione è da prendere in tempi brevissimi, praticamente subito. «Ma quando mi
contattano per mettermi in lista — dice la 43enne modenese — comunico loro che
ho scelto un’altra strada. Che mi sottoporrò alla cura Di Bella. Loro mi
rispondono che sarebbe una follia». Roberta va avanti e si rivolge a un chirurgo
e oncologo di Verona che segue il Multitrattamento Di Bella. «Da allora, ogni
giorno, prendo 30 pastiglie, 3 volte lo sciroppo, acido ascorbico e mi porto
sempre dietro un microdiffusore di somatostatina che viene iniettata nelle mie
vene con regolarità», spiega mostrando il piccolo apparecchio. Roberta ha
diverse sveglie nel cellulare che a cadenza continua le ricordano di prendere le
medicine. «Non è facile. Per niente, ve lo assicuro. Quando sono uscita per la
prima volta dallo studio di Verona avevo un cartone di medicinali. Il primo
mese, per curarmi, ho speso 2.350 euro. Ogni 28 giorni faccio una puntura che da
sola costa 1.450 euro. Cifre folli, che non sono sostenibili. Ma il tumore,
oggi, non c’è più. Dopo 79 giorni la Pet parla chiaro, non ci sono tumori nel
mio corpo. Dovrò continuare a seguire la cura, praticamente per sempre. Ma non
posso pensare di spendere 2.500 euro al mese per potermi curare». Questo è uno
dei motivi che portano Roberta a prendere contatto con altre persone che hanno
percorso la sua stessa strada.
«SIAMO TANTI, tantissimi. Non abbiamo vissuto quello che vive un malato che si
sottopone a chemioterapia. Le vitamine comprese nel metodo Di Bella ci hanno
lasciati attivi. Vivi. Ci sentiamo su Facebook, ci confrontiamo e sosteniamo. Ci
chiediamo come mai i farmaci della cura Di Bella costino così tanto. Perché il
servizio sanitario non passa nulla?». Tre, principalmente, i motivi che hanno
portato la 43enne modenese a scrivere la sua storia, i suoi 79 giorni,
inviandola alla stampa e all’assessore regionale alla Sanità, Carlo Lusenti.
«Per il diritto di poter scegliere, per il diritto di poter conoscere. Per il
diritto di potersi curare senza rischiare di dover rinunciare a causa delle
spese troppo alte. Siamo in tanti, anche in provincia di Reggio e Modena ad aver
scelto la cura Di Bella. Ascoltate le nostre storie. Tanti sono sopravvissuti,
altri sono morti. Altri ancora non ce l’hanno fatta, ma hanno superato
aspettative di vita inimmaginabili all’inizio. Dovete parlare di noi che non
siamo guariti, ma possiamo davvero continuare a vivere».
Francesco Vecchi ( Quotidiano Net)
GUARIGIONE DAL CANCRO AL POLMONE
Sono guarita di cancro al polmone. Avevo 65 anni e un carcinoma al polmone sinistro sulla fascia mediastina di 10 cm sembrava attaccato all’aorta, ai bronchi ed il medico di famiglia e pure, al momento di farmi la tac, pure la radiologa mi han detto che non era operabile e che avrei avuto 3 mesi di vita.
Naturalmente rimasi di ghiaccio dell’udire queste parole e m’immaginai, essendo vedova e senza né figli ne parenti come avrei potuto affrontare il decorso e la prognosticata fine imminente della mia vita ma in quel momento mi rivolsi a Dio dicendo con vera sincerità : “sia fatta la tua volontà” frase che nel dire il Padre Nostro viene detta con molta superficialità comunemente: Mentre io che vi avevo pensato molte volte non riuscivo a dirla se non con una certo disagio per non dire quasi un certo terrore. Ma in quel momento, fra me, la dissi veramente con tutto il mio sentimento, la mia convinzione affidandomi completamente all’Assoluto, con la certezza che Egli, in tutti i casi, avrebbe realizzato il mio VERO BENE.
Sorprendentemente quando ritirai la Tac la radiologa mi disse che il tumore era operabile ed il chirurgo , assieme all’oncologo mi avvertirono che avrebbero dovuto togliermi un polmone intero. Andai quindi sotto ai ferri non impaurita ma molto serena, nel convincimento che avevo e nella finalmente giunta fede certa che ogni cosa sarebbe andata come il Signore voleva. Ero anche pronta a lasciare questo mondo che seppur meraviglioso avevo la concreta consapevolezza che nulla veramente muore, ma tutto si trasforma così come la vita stessa, osservandola con occhi attenti in tutto il suo miracoloso divenire mostra l’equilibrio e leggi che mantengono in essere e vita tutto il creato. A supporto di quanto dico un’estate alla Versiliana udii il Fisico Prof. Rubbia asserire da ateo che aveva scoperto la particella più piccola esistente, ebbene in quella aveva osservato che in essa vi era una legge che si ripeteva in ogni elemento della materia ed aveva concluso che se essa c’era, ben qualcuno, qualcosa, comunque lo si volesse chiamare. ce la doveva aver messa. Da lì la sconfitta del suo ateismo.
Dopo l’operazione mi fu detto che il mio cancro era era un carcinoma, di piccole dimensioni -3 cm- che non era attaccato all’aorta né ai bronchi e che quindi avevano tolto solo un pezzetto di polmone.
Ho fatto 3 cicli di chemioterapia ed adesso, dopo ben 7 anni da quell’evento i medici che asseriscono di essere una miracolata mi dichiarano guarita.
Sono certa che L’Assoluto, nella Sua grande misericordia ha voluto che abitassi ancora questo mondo, che visto con
più profondità, mostra la grandezza della vita
che è Sua vita e noi sue cellule parte integrante della Sua
esistenza.
Anna Maria Deangelis
GUARIGIONE DA TUMORE DELLE OSSA
B.V. oggi è una giovane donna modenese, sposata con figli; all’età di 17 anni le venne diagnosticato un osteosarcoma alla tibia (tumore delle ossa). Inizialemente non si rende conto di essere malata, ha continui e persistenti dolori alle gambe, ma praticando un’intensa attività sportiva dà poco peso alle fitte che però si fanno sempre più frequenti fino a quando viene ricoverata in ospedale. La diagnosi è terribile, viene trasferita all’ospedale di Bologna e ci resta circa 8 mesi.
La cura è molto dura comporta cicli di chemioterapia pre e postintervento. Ma B.V. è forte, non si perde d’animo: vuole vivere e vuole guarire. Accetta di sottoporsi ad un intervento innovativo: le è stato praticato l’innesto del perone vascolarizzato e le è stato impiantato nel punto in cui è stato tolto il tumore un tessuto vascolarizzato prelevato dalla gamba sana..e la sua vita è ripresa.
GUARIGIONE DA UN LINFOMA
S. S. 36 anni e gioca come centrocampista in una squadra provinciale della provincia di Taranto. Circa 2 anni fa si accorse della presenza di una strana pallina cresciuta sull'inguine. Nel giro di 20 giorni la stessa si sviluppò a dismisura. “ero sicuro che si trattasse di una semplice ciste – dice S.S. – non me ne preoccupai più di tanto e mi recai in ospedale per farmela asportare. Circa 20 giorni dopo l'intervento, però, ho ricevuto gli esami istologici. La diagnosi era terribile e mi colpì come un macigno: avevo un linfoma B, un tumore particolarmente aggressivo che colpisce il sistema linfatico”.
Ma S.S. dopo l’abbattimento iniziale, incomincia a lottare: sa che sta giocando una partita per la vita e non può permettersi di perderla. Grazie all’appoggio della sua squadra si fa ricoverare al San Marco di Pavia. Qui viene operato e sottoposto a chemioterapia: il suo coraggio, la sua determinazzione, la sua famiglia, i suoi compagni di squadra e i tifosi di sempre lo supportano e l’accompagnano lungo la strada della guarigione.
GUARIGIONE DA TUMORE GRAZIE ALLA FEDE
Il dott A. L. medico napoletano nel 1983 si ammalò di tumore al colon: si sottopose ad una serie di analisi ed esami clinici, venne operato varie volte, gli fu asportato in blocco il colon trasverso; si formarono metastasi, fistole che richiesero altri interventi. Come medico ben conosceva quale sarebbe stato il suo difficile destino; dopo lo sconforto però si rifugiò nella preghiera: Solo Dio poteva salvarlo.
In quei giorni la stampa parlava spesso di Medjugorje e il dott A. L senti subito una grande attrattiva verso quei fatti. Cominciò a pregare per la quella Madonna che tanto gli sentiva vicina, ma la sua situazione peggiorò: passò mesi in ospedale, la sofferenza gli rendeva impossibile qualsiasi sforzo, le operazioni si susseguivano senza risultato positivo; dopo un calvario lungo 6 anni, i medici gli dissero che oramai non c’era nulla da fare: gli sarebbero rimaste solo poche settimane di vita.
Nonostante tutto, il dott A. L., non smise di pregare: chiese alla Madonna la grazia di guarire. E questa volta la Madonna ascoltò le sue preghiere: un mattino, quando gli tolsero le bende per la medicazione si accorserò con stupore che la fistola non c'era più. La pelle dell'addome era perfettamente asciutta, liscia, il foro era scomparso. La fistola, è una ferita gravissima e profonda, che interessa il tessuto addominale e l'intestino. Per la guarigione di una fistola si ha un lento miglioramento e per la guarigione, se possibile, ci vogliono giorni e giorni. Invece tutto era accaduto in poche ore.
Il dott A. L, decise subito di partire per Medjugorje per andare a ringraziare la Madonna. Solo lei poteva aver compiuto quel prodigio.
La sua malattia è documentata da un voluminoso dossier di analisi, radiografie, referti medici e giudizi di specialisti di fama internazionale. E la guarigione è stata improvvisa, totale e persistente nel tempo; ad oggi il dott A. L. non ha più avuto problemi legati alla malattia che nel 1983 gli sconvolse la vita.
il dott A. L ., dopo la guarigione è andato in pellegrinaggio a Medjugorje 12 volte e si è sempre prestato a testimoniare ciò che aveva ricevuto. Ha raccontato la mia vicenda ai giornalisti e a varie televisioni e ha più volte affermato che, come medico e come cattolico, è convinto che la mia guarigione è avvenuta per un autentico intervento soprannaturale.
In ringraziamento della guarigione prodigiosa ricevuta, il dott A. L ., dedica gran parte del suo tempo ad aiutare il prossimo. Non solo come medico, ma dando speranza e conforto con la testimonianza e con la preghiera.
SARCOMA di EWING
Nell ottobre 1999, M.G.., 9 anni entra in ospedale per problemi all’omero destro; gli viene diagnosticato un Sarcoma di Ewing. Il sarcoma di Ewing è una neoplasia ossea maligna comune nell’età pediatrica (colpisce soggetti di età compresa tra 5 e 30 anni, con picco di incidenza tra i 10 e 15 anni), seconda per frequenza rispetto all’osteosarcoma.
Dopo una serie di cicli di chemioterapia, viene operato il 2 Febbraio 2000, con intervento di asportazione della neoformazione dell'osso omerale, innesto di segmento osseo peroneale, stabilizzazione con 2 placche e 9 viti.
M.G. viene quindi sottoposto ad ulteriori cicli di chemioterapia, un'ecografia del braccio destro, però, effettuata pochi mesi più tardi attesta una: "…marcata irregolarità del profilo osseo dell'omero…".
Ad inizio del 2001 viene nuovamente ricoverato con diagnosi di Recidiva S. di Ewing omero dx, con "…evidente riassorbimento dell'innesto." E pochi giorni più tardi viene effettuato un intervento chirurgico con reinnesto peroneale e stabilizzazione con placche e viti. Nell'intervento si evidenzia altresì un'altra recidiva nel cavo ascellare, che viene asportata.
In realtà le recidive sono ben 3.
Il piccolo è distrutto, e la sua famiglia è quasi alla disperazione; nel giungo 2001 il padre del bimbo decide di tentare il metodo Simoncini e di effettuare la terapia con sali di bicarbonato di sodio; la terapia viene attuata con cateterizzazione dell'arteria succlavia destra, con l'intento di somministrare i sali (flebo 500 cc al 5%) direttamente sulle masse.
Già dal mese successivo i risultati sono incoraggianti: il piccolo sta decisamente meglio e conferma di ciò, tac ed esami evidenziano una regressione delle formazioni espansive del terzo superiore e della faccia mediale del braccio; nel giro di qualche mese, la regressione sarà completa.
LINFOMA DI HODGKIN
E.G. oggi ha 47 anni e una vita normale: ha un marito e un bambino che l’adorano; circa vent’anni fa però dovette fare i conti con una malattia gravissima.
All’epoca aveva 27 anni, si era appena sposata e aveva scoperto di essere incinta di due gemelli: la vita le sorrideva e sembrava che niente e nessuno avrebbe potuto turbarla. Invece, E.G. non aveva fatto i conti con il linfoma di Hodgking, un grave tumore del sistema linfatico.
Per guarire deve sottoporsi a cicli di chemioterapia per 1 anno. Ciò significa perdere i due bimbi che porta in grembo. E forse per E.G. questo è stato più doloroso della malattia stessa. Ma la sua storia è una testimonianza di coraggio e tenacia.
Appena terminate le cure riprende a lavorare e, anche se i medici le avevano detto che la chemioterapia l'avrebbe potuta rendere sterile, E.G. riesce a diventare mamma di Andrea, un bellissimo e sanissimo bambino che oggi ha 11 anni.
OSTEOSARCOMA
L.A., oggi ha 28 anni ed è medico, ma quando era una bambina la sua vita è stata stravolta, ed ha dovuto lottare con tutta se stessa per riconquistarla.
Nel 1990, aveva 11 anni e sognava di diventare ballerina classica, viveva a Roma ed era una bimba felice, circondata dall’amore dei genitori, del fratello degli amici.
Poco prima di Natale, a scuola giocando con i compagni, cade e prende una botta al ginocchio. Non ci fa neanche caso. Passerà, come sempre. E invece non passa. Il dolore rimane e così i genitori le fanno fare delle radiografie di controllo: il medico nota una strana ombra tra il femore e il ginocchio e richiede ulteriori controlli.
Viene quindi ricoverata al Policlino di Roma e dai primi accertamenti viene ipotizzato un tumore alle ossa; viene allora indirizzata al Rizzoli di Bologna, dove operava un importante e bravissimo oncologo. La diagnosi è terribile: osteosarcoma. Le aspettano mesi mesi e di ospedale, dovrà lasciare la scuola, la danza; la sua vita di sempre.
L.A. è spaventata, ma sostenuta dalla famiglia si fa forza;, Dopo diversi cicli di chemioterapia, venne operata. Un’operazione lunga 7-8 ore, un intervento innovativo, fatto per la prima volta su una bambina di quell’età. Le tolsero l’ultima parte del femore, una ventina di centimetri di lunghezza, salvaguardando al massimo il tessuto sano. Al suo posto misero un tratto di femore prelevato dalla “Banca delle Ossa” presente proprio a Bologna.
Il cammino verso la guarigione era appena iniziato. La aspettavano altri controlli medici, altri cicli di chemioterapia e, per un anno, fisioterapia tutti i giorni, per tornare a muovere bene la gamba e il ginocchio.
Dopo un anno, però, i medici notarono che la fusione tra il mio femore e l’osso innestato non era perfetta. Era necessario un altro intervento, ma il suo calvario non era ancora finito. Nel 1993, in uno dei controlli scopersero una metastasi polmonare: altro ricovero, altro intervento. La via della guarigione è lunga, ma le cose iniziano ad andare meglio: il decorso post operatorio è incoraggiante, anche se cercare di condurre una vita normale è ancora difficile. Più di una volta deve ritornare in ospedale e sottoporsi a piccoli interventi.
Gli anni però passano e la vita sorride ad L.A.: oggi, sta bene e son passati 10 anni dall’ultimo intervento; qualche mese fa si brillantemente laureata in medicina. Conduce una vita del tutto normale, devo solo praticare sport con cautela perché ha un rischio maggiore di rompere gamba e ginocchio. A volte ripensa a quegli anni difficili e dolorosi e crede che la malattia le ha tolto alcune cose, ma sicuramente gliene ha date altre; l’ha aiutata a capire la felicità che danno le piccole cose; Quando lo stress e i problemi di tutti i giorni la travolgono, ripensa alla sua lotta contro il cancro. E tutti i problemi si ridimensionano.
GUARIRE DA UN LINFOMA
Nel 1989, E.E., di Firenze, scopre di avere il linfoma di Hodgkin; viene sottoposta a radioterapia fino a raggiungere la remissione completa, le cose sembrano procedere bene, ma dopo quasi sei anni ha avuto una ricaduta. In quel periodo, si era trasferita all’estero per seguire il marito e venne sottoposta ad 8 cicli di chemioterapia Mopp/abv che le permisero di raggiungere nuovamente nuovo la remissione completa. Purtroppo la chemioterapia oltre alla malattia le portò via il sogno di diventare mamma. Seppur sconfortata da questa notizia cerca di riprendere a vivere.
Nel 1999, dalle analisi risulta un inizio di anemia, ed in seguito a una valutazione del midollo osso, le viene evidenziata una mielodisplasia secondaria, tipo RAEB. I medici sono convinti che E.E., avrà, nella migliore delle ipotesi, 6 mesi di vita.
La donna è distrutta; perde speranza e voglia di lottare anche se vi è forse la possibilità di un trapianto: purtroppo i suoi famigliari non erano compatibili ed era necessario trovare un donatore compatibile ed E.E. si rivolge al TMO (centro di Trapianto Midollo Osseo) dell’ospedale di Careggi a Firenze.
In attesa di trovare un donatore, E.E. inizia a documentarsi sulle varie possibilità di cure alternative, pratica la terapia di bioresonanza e consulta uno psicologo esperto in visualizzazione: capisce che le fa bene parlare della malattia e prendermi.
Presto però arriva una buona notizia, ci sono 5 donatori compatibili. Una ricerca più approfondita doveva essere fatta per scegliere il più adatto.. la speranza iniziava timidamente a farsi nuovamente largo nel cuore di E.E.
Venne invitata al TMO per una sessione informativa. Finalmente arrivò il
momento del ricovero in Ospedale. E.E. viene preparata con ogni cura al
trapianto
Il 27 gennaio 2000, dopo il periodo di condizionamento, E.E. riceve il midollo osseo e rinasce. Giorno dopo giorno le cellule del sangue iniziarono a crescere e le sue condizioni migliorarono: dopo un mese venne dimessa, ma ancora non era completamente guarita: E.E. ebbe complicazioni tipo il ciclomegalovirus, polmonite etcc… ma superò tutto con forza e tenacia, ed oggi a distanza di quasi 10 anni può vivere una vita normale e felice.
ADENOMACARCINOMA della PROSTATA
Nel mese di giugno 2002, ad F.F. 70 anni, viene diagnosticato, un adenocarcinoma della prostata in seguito ad una biopsia transperineale.
Egli, rifiutando qualsiasi intervento chirurgico, prova a sottoporti ad alcune terapie ormonali alle quali però risulta intollerante.
Gli viene nuovamente proposto un intervento di arteriografia selettiva, ma lo rifiuta e decide, visto le sue condizioni cliniche generali, di tentare il metodo Simoncini e di sottoporsi ad una terapia con soluzioni di bicarbonato al 5% endovena e per cateterismo uretrale.
Tutto procede nei migliori dei modi, un’ecografia di controllo effettuata a distanza di un mese dall’inizio della terapia, evidenzia che non ci sono più lesioni di tipo maligno.
Guarigione con metodo Simoncini da masse tumorali alle ovaie
F.L., 35 anni di Torino, ad Aprile 2007 le viene diagnosticato un cancro alle ovaie di grosse dimensioni. Viene operata: l'operazione va bene ma rimangono masse tumorali nel peritoneo quantificabili in circa 1 cm.
Subito, seguendo i dettami della medicina ufficiale, inizia la chemioterapia, ma nel frattempo il suo medico di fiducia le suggerisce di tentare qualche terapia non ufficiale e di provare ad assumere i retinoidi di Di Bella e l'aloe secondo la ricetta di Padre Romano Zago come "ricostituenti".
F.L., inizialmente scettica, appoggiata dal marito, inizia a fare delle ricerche sulle cosiddette terapie alternative per il cancro: navigando su internet vengono a conoscenza del medoto Simoncini. Si documentano il più possibile e poi ne parlano sia al medico di base sia al loro oncologo: entrambi sembrano possibilisti; il medico di base inoltre riesce a presentare ai coniugi L. una donna che ha eliminato il suo cancro al peritoneo utilizzando il bicarbonato di sodio: a questo punto F.L. e suo marito non hanno più dubbi, contattano il Dott. Tullio Simoncini ed organizzano un incontro a Roma.
Passano qualche settimana, poco dopo aver fatto il 4° ciclo di chemio, i coniugi L.: si recano a Roma: F.L, nonostante i cicli di chemio non ha riscontrato nessun miglioramento, anzi le sue condizioni sono peggiorate; qui, un' equipe di specialisti inserisce un catetere trans-addominale F.L.
A ricovero terminato, F.L. concorda con l’oncologo e il chemioterapista di interrompere la chemio (nonostante manchino solo 2 sedute) e tentare con questo sistema.
Per circa un mese e con parecchie difficoltà, F.L. riesce a fare 9 inserimenti di 500 cc. di bicarbonato al 5%.: la terapia è dura e dolorosa, ma cerca di resistere e sopportare il più possibile, almeno fino a quando il catetere non esce: la terapia consigliata da Simoncini è stata eseguita solo parzialmente; comunque lui suggerisce di monitore più la situazione per 3-4 mesi e di agire in base ai risultati delle analisi: esiste la possibilità che infusioni eseguite siano state sufficienti.
F.L. continua così, animata dalla speranza, ad assumere solo i retinoidi e l'aloe.
Nei 4 mesi successivi i valori dei marcatori si sono abbassati gradualmente così come le analisi del sangue si sono via via normalizzate e stabilizzate: siamo quasi a Natale e , F.L. finalmente sta bene: un miglioramento effettivo che le permette di fare le stesse cose che faceva prima della malattia e di lavorare qualche ora al giorno a fianco del marito, nell’azienda famigliare.
L.S. era affetta da basalioma, il più frequente tumore della pelle (insorge nella maggior parte dei casi in individui di carnagione chiara e con scarsa capacità ad abbronzarsi o nelle persone molto esposte al sole negli anni).
Due anni fa, inizia a sentire un certo prurito all’altezza delle scapole, al centro della schiena. Non potendo vedere direttamente quel punto, chiede al marito di tenerglielo d’occhio. Egli nota così che si era formata una specie di macchia permanente, del diametro di qualche millimetro. Il prurito nel frattempo si era trasformato in fastidio costante, con occasionali fitte di dolore vero e proprio.
Dopo gli accertamenti medici e clinici del caso, consigliata dal proprio medico di fiducia, L.S. inizia a fare delle prime applicazioni di aloe. Per un certo periodo le dimensioni della macchia sembrarono stabilizzarsi, ma non appena smetteva con le applicazioni la macchia tornava ad ingrossarsi e i dolori lancinanti riprendevano
Fu
così che sembra su consiglio del proprio medico entrò in contatto con il dottor
Simoncini che le suggerì, secondo le modalità annotate nel suo testo “Il
cancro è un fungo”, di trattare la zona con la tintura di iodio al 7%. In
pratica, applicava giornalmente una trentina di gocce di tintura sul punto
interessato, facendo alcune pause di qualche minuto, per permettere alla tintura
di penetrare in profondità, in modo da "annegare" letteralmente la colonia
fungina. Infine, copriva il tutto con garza sterile. Si formarono così delle
croste che di settimana in settimana si staccarono da sole: dopo circa 1 mese
restavano solo due lacerazioni (puntini rossi), dovuti probabilmente
al distacco dell'ultima crosta; dopo poco meno di 3 mesi cadde anche l’ultima
crosta: ora la pelle rimaneva macchiata solo dalla tintura di iodio (che pian
piano sparì): del basalioma non ci fu più nessuna traccia.
F.F., catanese ora sessantenne, nel 1996 viene sottoposta a colicistectomia per calcoli biliari, dopo essere stata in terapia per circa otto mesi per piastrinopenia.
Dopo poche settimane dall’intervento, a detta dei medici pienamente riuscito, comincia ad accusare dei dolori al ventre e nella zona inguinale. Si pensò che fosse causato dalle aderenze cicatriziali, in quanto anche i dovuti controlli ecografici ed ematologici non evidenziavano alcuna in atto.
Pochi mesi più tardi, fu però
costretta all’immobilità a causa una leggera botta alle gambe le provocò la
frattura dell’osso dell’anca con conseguente esteso ematoma all’interno coscia.
Col passare delle settimane, non si notavano però miglioramenti, anzi i dolori
aumentavano. Si provò la terapia medica e la terapia riabilitativa, ma nulla: la
situazione peggiorava: ora anche braccia e spalla le facevano male; i medici le
dissero che era sopravvenuta un’elevata osteoporosi.
V. M., 63 uomo solido e robusto, è un ex alpino. Nel 1961, durante il servizio militare, fu colpito da un tumore maligno che intaccò la testa del femore della gamba sinistra e poi si propagò lungo tutto l'arto. Una malattia inarrestabile. Inutili le cure, i ricoveri in ospedale, i prelievi, le visite specialistiche. Nel '62 fu trasferito nel centro tumori di Borgo Valsugana. Il tumore progrediva velocemente, "mangiando" l'osso, tanto che la gamba gli era rimasta attaccata al resto del corpo solamente grazie ai muscoli e alla pelle. <<Mia madre mi convinse ad andare in pellegrinaggio a Lourdes>>, racconta l'ex alpino. <<La ascoltai. Fui calato nelle acque della piscina, ma non provai niente. Nessuna particolare sensazione. Tornai a casa come ero partito. Ma dopo qualche giorno, mi sentii meglio. Mi era tornato l'appetito e potevo fare a meno delle medicine senza sentire i dolori lancinanti che da tempo mi tormentavano. Tornai in ospedale per una visita di controllo. 1 medici constatarono che il tumore era scomparso. Non solo, la testa del femore si stava ricomponendo>>. Non ci fu solo la scomparsa immediata di una malattia tremenda, ma la ricostruzione della testa del femore. Di fronte a questa guarigione miracolosa, la scienza seppe non dare spiegazioni e la sua guarigione è stata ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa.
MELANOMA ALLA PALPEBRA INFERIORE
L.S., 60 anni è affetta da melanoma alla palpebra inferiore destra con progressione anche nella congiuntiva. Nell’ottobre 2000 le viene proposto trattamento laser e intervento chirurgico con successiva ricostruzione plastica.
Su consiglio del proprio medico curante, la paziente, decide di rifiutare
momentaneamente le terapie proposte e di provare a sottoposi alle cure
cosiddette alternative a base di bicarbonato di sodio
Per 10 giorni effettua dei lavaggi con bicarbonato di sodio nella congiuntiva,
che eliminano completamente la massa che protudeva nel suo interno.
Per tutto il mese successivo viene effettuata una spennellatura con tintura di iodio al 7% al giorno sulla massa neoplastica ripetuta 20-30 volte nella stessa seduta, con il risultato di ottenere la quasi completa distruzione della neoplasia.
Viene ripetuto un ciclo con le stesse modalità dopo 1 mese, che porta alla sua eliminazione completa. La neoplasia è sparita ed è rimasto solo un piccolo esito cicatriziale.
P. P., d alcuni anni frequenta la chiesa del Rinnovamento e proprio in un momento di grande sofferenza ha incontrato il Signore. Sposato da 5 anni, con la moglie desiderava con tutto il cuore diventare padre, ma il suo sogno sembrava irrealizzabile poiché la moglie aveva già avuto due aborti spontanei.
Un giorno però le preghiere dei coniugi P. furono accolte: dopo una gravidanza sofferta, con minacce di aborto: L.P. partorì. Ci furono però complicazioni che misero a repentaglio la vita della donna e del bimbo, che sembrò subito in condizioni disperate in quanto nato infermo e con seri problemi ai polmoni.
I coniugi, consigliati dal loro padre spirituale, decisero di fare battezzare immediatamente il bambino; al momento del Battesimo, il bambino cominciò a muovere le braccia, la testolina e, per la prima volta, aprì gli occhi. Medici ed infermieri assistettero alla scena stupiti. Il bambino passò una notte tranquilla, in costante miglioramento: oggi ha 6 anni, robusto, allegro e…sanissimo
REIKI: UN AIUTO PER LA CURA DEL CANCRO
I coniugi S., americani da qualche anno residenti in Italia, sono sempre stati
appassionati di Reiki: lo usavano per il trattamento di mal di schiena, mal di
testa e nausea; mai avrebbero pensato che questa pratica si sarebbe rivelata
un complemento utilissimo per la cura del cancro. Nel
1999, M.S. ha avuto una forte infiammazione sul linfonodo sinistro, e dopo un
periodo di cura con antibiotici è stato visitato da un otorinolaringoiatra.
Era necessario rimuovere il linfonodo e fare ulteriori esami per comprendere
l'entità del problema; di li a breve sarebbe stato operato. Nell'attesa, la
moglie ha iniziato a trattarlo con Reiki ogni giorno. Dopo i trattamenti si
sentiva emotivamente meglio e sembrava che anche il gonfiore si riducesse.
M.S. venne poi operato: andò tutto bene, il linfonodo venne rimosso; gli esiti dei primi esami erano incoraggianti, ma due giorni più tardi vengono la biopsia rivela la presenza di cellule cancerogene e che si rendeva necessario effettuare un nuovo, immediato, intervento alla gola. Anche il secondo intervento ha esito positivo: il medico ha effettuato ulteriori biopsie ed ha rimosso, con il laser, le cellule cancerogene.
Il dolore però è fortissimo. Inoltre la gola è talmente gonfia che ogni per M.S. è un’impresa il solo deglutire: gli antidolorifici non gli facevano alcun effetto; decide allora di interromperne l’assunzione e di iniziare una cura omeopatica e un trattamento Reiki.
In questo modo il dolore sembra lenirsi, M.S. impara ad accettare il dolore come parte di se e a lasciarlo andare.
Una settimana più tardi, il radiologo spiega ai coniugi S. che il tumore alla
base della lingua, aveva coperto più della metà dell'area dal lato sinistro.
Il prossimo passo era la radioterapia, per fermare la crescita di cellule
cancerogene. In questo delicato e difficile frangente il pensiero positivo
e il Reiki si dimostrarono validi alleati. Nei corsi di Advanced Reiki M.S.
aveva appreso le tecniche di visualizzazione, e ha iniziato a visualizzare la
trasformazione di cellule negative in cellule positive. E alla fine della
radioterapia, durata circa 40 giorni, non solo il tumore era sparito, ma anche
le papille gustative e le ghiandole salivari (che spesso vengono danneggiate
dalla terapia radio) risultavano sane.
GUARIGIONE DA TUMORE AL SENO
V.C., oggi ha 44 anni ed è una madre felice; nel 1998 le viene diagnosticato un carcinoma duttale infiltrante della mammella destra con la prospettiva non solo di un intervento chirurgico ma anche di chemioterapia e poi 5 anni di terapia ormonale..
Non solo non erano prevedibili le conseguenze della chemioterapia sull’apparato riproduttivo, ma sulla base delle informazioni in possesso dei ricercatori all’epoca della diagnosi, una gravidanza dopo tumore al seno era altamente sconsigliata. Però V.C. era giovane e voleva diventare mamma, per questo motivo, l’équipe medica decise di affiancare alla tradizionale chemioterapia anche una terapia protettiva per l’ovaio: non le si assicurava nessun risultato, ma si poteva sempre tentare.
V.C., era una donna forte e coraggiosa, è a sempre risposto bene alle cure; nel suo cuore ha sempre accarezzato il sogno di diventare madre e sul finire della terapia ormonale riparla al suo medico di questo suo forte desiderio. Sono passati qualche anno dall’intervento e le prime indicazioni, anche se ancora non statisticamente significative, sono confortanti. La gravidanza non è più considerata pericolosa. V.C. e il marito decidono di provare a diventare genitori: sei anni dopo l’intervento, finalmente coronano il loro sogno: V.C. aspetta un bimbo! La sua gravidanza è tranquilla ed in estate arriva Andrea: un bel – e sano – bambino che viene allattato alla mammella non operata fino ad un anno di età. Oggi mamma e figlio stanno benissimo.
METODO SIMONCINI: regressione tumorale al polmone
B.B., 65 anni, di Roma è affetto da adenocarcinoma polmonare ed attualmente sta seguendo la terapia di Simoncini.
Fino a tre mesi fa era in cura al Policlinico Gemelli, qui, i medici non gli avevano nessuna speranza; su consiglio dei famigliari provò a curarsi secondo il metodo Simoncini, e dopo tre cicli di terapia al bicarbonato di sodio (ogni ciclo prevedeva una flebo al 5% per sei giorni e sei giorni di pausa, durante è stata consigliata un’applicazione di aerosolterapia, sempre al bicarbonato), la sua situazione sembra non solo stabilizzata, ma migliorata., Gli ultimi accertamenti - mediante TAC – hanno evidenziato una “…riduzione in estensione del tessuto solido neoformato, a contorni netti e speculari.” Significa che la massa principale, non solo si sta riducendo, ma dà segnali di “implosione” . Si attesta inoltre la “scomparsa del consolidamento parenchimale latero-basale destro”, e di sostanziale stasi di tutti gli altri reperti segnalati.
C’è purtroppo da annotare, invece, che le estensioni litiche (metastasi ossee) non sono diminuite.
Simoncini aveva però detto che le ossa, non essendo adeguatamente irrorate, avrebbero tratto scarso beneficio dal suo trattamento in quanto sarebbe necessario utilizzare degli alendronati per fissare il calcio sulle ossa.
B.B. non può dire con certezza che guarirà, ma i risultati ottenuti finora sono incoraggianti e, soprattutto, nonostante le previsioni dei medici che lo avevano in cura, oggi è ancora vivo.
GUARIGIONE MIRACOLOSA
La dott. M. E. quarantenne di origini filippine, nel 1988 era malata di cancro, ormai allo stadio delle metastasi. Le sue condizioni, erano state definite disperate: la sua speranza di vita era di pochi mesi. Decise di partire con alcuni amici per Medjugorje.
Il suo gruppo salì sul Kricevac, e lei decise di attenderne il ritorno fermandosi ai piedi del monte. Poi prese una decisione improvvisa. S’incamminò fino alla prima stazione della via crucis; giunta a destinazione si stupì di non essere sopraffatta dalla stanchezza e decise di continuare.
Mentre camminava si sentì pervadere da un senso di pace e tutte le sue paure sembravano scomparire passo dopo passo. Si sentì rasserenata, non aveva più paura di morire e sentiva che quando fosse successo la Madonna si sarebbe presa cura dei suoi figli. Colma di serenità ridiscese con facilità il Krievac.
Tornata a casa, si sottopose ad un visita di controllo e i medici, stupiti le comunicarono che non c’era più nessuna traccia della malattia.